Antonio (Toni) Pierobon. Un nome che per l'Italia e gli italiani
appassionati di yachting e mare evoca momenti di grande gloria,
di regate corse e vinte nei più importanti e insidiosi
campi dei regata d'Europa, da parte non di un professionista,
ma semplice appassionato.
Il dottor Pierobon, veneto d'origine, al termine del secondo conflitto
bellico, abbandonò la sua città adottiva, Milano,
e si trasferì a Londra, dove aprì uno studio dentistico.
Il nostro amava passare i lunghi fine settimana tra le banchine
dei marina inglesi, e soprattutto nell'isola di Cowes, uno dei
fulcri mondiali della nautica da diporto. Tra queste fredde brezze
anglosassoni, Pierobon si appassionò definitivamente alla
vela, e tra l'altro strinse amicizia con alcuni dei "padri"
europei del moderno yachting. Non si può scordare tra questi
John Illingworth, Jack Laurent Giles e, in particolare, l'estroso
e indimenticabile Uffa Fox, autore, oltre che di quei meravigliosi
cinque volumi che ancora oggi costituiscono un must per gli appassionati
di vecchie barche e architettura navale in genere, di una meravigliosa
raccolta di antichi e caratteristici canti marinari (Uffa Sings,
Sea Shanties and Jack Ashore Songs, Londra, 1960) Nel 1957, divenuto
uno dei più importanti dentisti del mondo, all'apice della
sua carriera professionale, membro dell'American Association of
Endodentists, dell'Academy of Gnatology e dell'International College
of Dentists, Toni Pierobon lasciò Londra e fece ritorno
in Italia, portando nella sua valigia tre cose che saranno fondamentali
nella sua futura vita di uomo sportivo: Una membership al prestigioso
Royal Thames Yacht Club (insieme con il fraterno amico Croce,
allora presidente dello Yacht Club Italiano, gli unici due italiani
ammessi a quella antica e blasonata istituzione), un nome da dare
ad una barca a vela (Al Na'Ir, scelto tra quelli dei velieri citati
negli annali dei Lloyd's), e un progetto di J. Francis Jones per
un piccolo sloop (m 9.42 fuori tutto, m 6.90 al galleggiamento,
2.46 al baglio, 1.61 di pescaggio) che nello stesso anno venne
costruito da uno sconosciuto maestro d'ascia che lavorava in un
capannone apparentemente insignificante nell'entroterra di Rimini:
Roberto Carlini.
Pochi anni più tardi Toni Pierobon raccontò all'amico
Olin Stephens della grande maestria, precisione e tecnica del
Carlini, e lo convinse a farsi accompagnare in una gita in Romagna,
per andare a visitare quel piccolo e sconosciuto cantiere che,
salvo sporadici casi, fino ad allora aveva costruito minuscole
imbarcazioni con fasciame a clinker (con le tavole sovrapposte
a spigolo).
I due, a bordo di un VW maggiolino preso a noleggio, partirono
da Milano alla volta di Rimini. Tra Stephens e Carlini l'intesa
fu fulminante e immediata. Pierobon, con il benestare dei fratelli
Stephens che avevano già pronto un progetto per una barca
adatta alle caratteristiche da lui specificate, affidò
a Carlini la costruzione della sua nuova creatura. L'essere un
costruttore non di moda e ancora agli inizi della carriera, era
la garanzia che i progetti esecutivi sarebbero stati seguiti alla
lettera, senza che si corresse il pericolo che il maestro d'ascia
apportasse modifiche non volute dall'architetto, cosa, purtroppo
invece, assai in uso nella cantieristica italiana, in particolare
in quegli anni in cui alcuni costruttori si arrogavano il diritto
di saperne ben di più di progettisti di provata fama internazionale.
Quell'anno, su disegno Sparkman & Stephens (n° 1386 C2)
fu varata Al Na 'Ir II, un cutter lungo fuori tutto m. 12,64,
al galleggiamento m 8,98, m 3.04 di baglio, 1,87 di immersione,
74 metri quadri di superficie velica e un dislocamento di 10.378
Kg.
Fu una barca con la quale Pierobon sondò per la prima volta
con un programma ben preciso e serietà i campi di regata,
inframmezzando periodi di crociera con la famiglia. Sentiva però
già la necessità di costruire una barca "cattiva"
con la quale prendere parte alle grandi competizioni internazionali,
pensata non come via di mezzo tra regata/crociera, ma come puro
cavallo di razza per la competizione. Olin Stephens non tardò
a ricevere una lettera che lo incaricava di disegnare il terzo
Al Na 'Ir (disegno n° 1741, lunghezza fuori tutto m. 14.46,
al galleggiamento m. 10.51, baglio m. 3.68, immersione m. 2.26),
un prima classe stazza RORC (Royal Ocean Racing Council), che
Roberto Carlini, ormai divenuto il costruttore di fiducia non
solo di Pierobon, ma anche di un nutrito manipolo di regatanti
che volevano emulare l'esempio del dentista milanese, terminò
di costruire nel 1962.
Al Na 'Ir III fu probabilmente la più gloriosa delle imbarcazioni
del Dottore, certamente l'unica di cui ancora oggi, nel suo studio
privato, vi è appesa una gigantografia che la raffigura
con Rod Stephens al timone, durante un Fastnet, immagine utilizzata
anche per illustrare la copertina del suo romanzo semi autobiografico
Al Na 'Ir, la gru, pubblicato nel 1991. Negli anni dispari infatti
(1963, 1965 e 1967) Pierobon era solito prendersi un lungo periodo
di vacanza, e accompagnato dalla famiglia e dal suo marinaio di
fiducia, Luigi Vitello, mollare la Liguria, attraversare il Mediterraneo
e oltrepassare le Colonne d'Ercole e veleggiare fino alla sua
amata e mai scordata Inghilterra, per prendere parte al Fastnet
e alla serie di regate estive dell'Admiral's Cup. Purtroppo la
sua partecipazione alla prestigiosa competizione inglese fu solo
in via privata e personale, egli non rappresentò mai ufficialmente
l'Italia, dato che il regolamento, da sempre, prevede che ogni
nazione partecipante debba essere rappresentata da una squadra
composta da tre imbarcazioni.
Durante l'edizione del 1965 Pierobon fu involontariamente al centro
un fatto che si trasformò quasi in un "incidente diplomatico".
Nello svolgimento di una delle regate dell'Admiral's infatti,
la sua barca entrò in collisione con Wind Rose, per colpa
di quest'ultima che non rispettò una precedenza. Si trattava
di un veliero (disegno Sparkman & Stephens n° 1346) che
correva nella squadra americana. Pierobon naturalmente presentò
una protesta in giuria, che venne accettata, causando la squalifica
di Wind Rose, con la conseguenza che l'America, che aveva buone
probabilità di vittoria, nel 1965 perse l'Admiral's Cup!
Il 1967 fu l'anno in cui venne varata Al Na 'Ir IV, disegno Sparkman
& Stephens n° 1906, lunga fuori tutto m. 11.23, m. 8.14
al galleggiamento, m. 3.08 di baglio massimo, e immersione di
m 1.89), un classe 22 piedi RORC, con il quale Pierobon sconvolse
definitivamente i campi di regata del Mediterraneo, non lasciando
quasi spazio per le vittorie dei suoi competitori. Quegli anni
trascorsi a regatare raggiungendo successi sempre più importanti,
a commissionare il disegno di una barca sempre più nuova
e veloce di quella degli avversari, stavano prendendo una pericolosa
direzione verso il professionismo, e le spese stavano uscendo
dal controllo. Fu per questa ragione che Pierobon aveva maturato
l'idea di far disegnare e costruire un monotipo, di non meno di
30 piedi al galleggiamento (la misura minima ammessa all'Admiral's
Cup), insieme con un gruppo di altri undici armatori italiani,
che potessero conseguentemente competere tra di loro ad armi pari.
Mise insieme un sindacato che commissionò a Stephens un
buon disegno (S&S n° 1998, lunghezza fuori tutto m 12.66,
m 9.14 al galleggiamento, 3.55 al baglio massimo, 2.10 di pescaggio,
dislocamento di Kg. 8.000 e superficie velica mq. 85.70).
Restava solo da identificare un cantiere che potesse affrontare
la costruzione mantenendo e rispettando gli elevati standard qualitativi
di S&S. Pierobon individuò per questo l'Alpa SpA. Come
ha meticolosamente ricordato Davide Zerbinati (Alpa, 1998, ricerca
per una tesi di laurea), il titolare del cantiere, Danilo Cattadori,
uomo brillante e intelligente, non tardò a comprendere
che l'accettare la commissione da parte del "sindacato Pierobon"
per costruire una barca su disegno niente meno che di Sparkman
& Stephens, lo avrebbe proiettato per sempre e in via definitiva
nel mondo della grande cantieristica.
Andò esattamente così. Cattadori accettò
da parte dei nuovi committenti la sfida e costruì l'Alpa
12,70, su progetto di Stephens, accettando anche la supervisione
dei periti del Lloyd's Register of Shipping di Londra, che certificarono
la barca in classe 100 A1 (condizione che Pierobon aveva posto
come essenziale e non negoziabile). Secondo quanto viene riportato
in un articolo pubblicato su Yachting & Boating Weekly l'11
febbraio 1970 (pag. 11), in cui si parla di questa nuova e prodigiosa
barca voluta da Pierobon, l'Alpa progettava di varare in pochi
anni ben 135 esemplari della 12,70.
Per vari motivi ne vennero costruite "solo" quattordici
(una fu anche acquistata da Marivela, la sezione sportiva della
nostra Marina Militare). Apparentemente tutte le barche sono ancora
oggi naviganti. Purtroppo per costruire tutte le 12.70 ci volle
un periodo piuttosto lungo, e nel frattempo era stata introdotta
la nuova regola di stazza IOR (International Offshore Rule), che
penalizzava assai le barche concepite per la stazza RORC.
Forse anche per questa ragione Cattadori non portò a termine
l'ambizioso progetto, ciò nonostante le poche 12,70 varate
e naviganti si difesero nelle competizioni mediterranee, riportando
successi ammirevoli, soprattutto per la loro abilità (tipica
e caratteristica delle barche S&S) di bolinare, soprattutto
con vento fresco. Tutte le barche sono ancora in perfetto stato,
navigano e rendono felici i loro armatori che, con meritato orgoglio
le mantengono al più alto livello possibile. L'avventura
dell'Alpa fu l'ultima impresa del Dottor Pierobon in campo nautico.
Passò circa vent'anni a regatare a livello professionistico,
ma sempre e solo con un equipaggio di amici appassionati, avendo
imparato ad andare per mare da un maestro d'eccezione: Rod Stephens,
che insegnò la vela a Pierobon, in cambio imparò
da questi a sciare.
Furono anni di gloria e di onori nei quali ad andare per mare
e a regatare erano appassionati galantuomini, amanti del mare
e delle loro barche, anziché equipaggi di professionisti,
pagati da armatori sempre più ricchi e interessati solo
ad andare a ritirare una coppa sul podio della vittoria, magari
non avendo preso parte alla competizione in prima persona. Grazie
Toni, hai portato per primo la vela d'altura italiana nel mondo
della grande competizione internazionale, regalandoci ricordi
insostituibili e preziosi.
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