A Padenghe sul Garda, poco distante da Desenzano, in quella parte
della nostra Penisola nota per avere generato tanti uomini seri
e dediti totalmente al proprio lavoro, si trovano i capannoni
di Zuanelli, al coperto dei quali, oltre ai numerosi nidi di rondini
che rendono l'atmosfera serena e piacevole, vedono i propri natali
e trovano riparo e amorevoli cure le barche forse tra le più
belle e meglio costruite che la cantieristica mediterranea sia
oggi in grado di offrire: i velieri di Zuanelli, sei modelli da
30 a 50 piedi, costruiti su disegno di Sparkman & Stephens,
Roberto Starkel e Alain Jazekel.
L'azienda fu fondata nel 1972 con il preciso proposito di diventare
l'importante realtà che è oggi, dal capostipite
della famiglia Piero Zuanelli, che ancora oggi, coadiuvato dall'abilissima
e attenta consorte, la Signora Fiore Angela, è l'anima
trainante del cantiere, passato ormai nelle mani dei figli, Francesca
e Mario. Quest'ultimo, quarant'anni appena compiuti, si può
definire il cantautore, il poeta delle proprie barche.
Se avrete la fortuna di andare a visitare il cantiere e sarete
accompagnati appunto da Mario, non potrete fare a meno di ascoltarlo
con appassionata partecipazione, e forse anche un po' di invidia,
per il suo poter "vivere" con trasporto totale la nascita
e crescita di questi gioielli. Non si devono però scordare
le maestranze, in particolar modo i carpentieri, che, partendo
da un tronco di teak o ciliegio sono in grado di creare un oggetto
d'arte.
Mario Zuanelli infatti non cessa di ripetere di essere un grande
amante della vetroresina, ma limitatamente al suo utilizzo quale
materiale per costruire scafi e coperte, tutto il resto deve essere
realizzato in pregiate essenze di legno. Ed è proprio per
questa ragione che in cantiere sono alla continua ricerca di "giovani
di bottega" da allevare (a volte per tre/quattro anni), fino
a quando, terminato l'oneroso apprendistato, vengono promossi
al grado di "maestri d'ascia" e diventano i veri artefici
della trasformazione in realtà dei sogni dei clienti. Tutte
le barche Zuanelli sono custom made, anche quelle di 10 metri.
Questa caratteristica è insolita, soprattutto per le piccole
imbarcazioni che generalmente sono realizzate esclusivamente in
serie.
L'armatore di una barca Zuanelli è (deve esserlo) un grande
appassionato e un po' feticista, è disposto ad attendere
qualche settimana o mese in piu' rispetto ad altri cantieri prima
di potere avverare il proprio sogno di divenire armatore, perché
qui non si costruiscono più di due o al massimo tre imbarcazioni
alla volta. L'azienda infatti, per precisa scelta, conta solo
una dozzina di persone impiegate a tempo pieno.
Non si presenta certamente come le grandi catene di montaggio
francesi, e neppure con la tipica organizzazione teutonica, anzi,
nei capannoni di Padenghe regna sovrano un apprezzabile disordine,
tipico e caratteristico di chi non dedica troppo tempo e mezzi
all'aspetto esteriore, ma piuttosto al prodotto. Anche i depliants
del cantiere rispecchiano questa filosofia, non sono infatti stampati
su carta patinata da 300 grammi e disegnati da grafici famosi,
e illustrati con costose fotografie di maestri dello scatto, ma
sono fogli assemblati in casa, con le informazioni che servono.
Qui si bada alla sostanza e non all'apparenza.
Un'altra rarità, non solo in Italia ma anche in Nord Europa
dove normalmente assemblano scafi prodotti da terzi, è
che a Padenghe tutta la vetroresina è lavorata in casa,
in un apposito capannone a temperatura controllata. Gli scafi,
una volta estratti dallo stampo, vengono trasferiti in un altro
capannone, dove si procede al montaggio delle paratie (strutturali
e resinate allo scafo/coperta) e le coperte, opportunamente sigillate,
sono saldamente avvitate con bulloni passanti a distanza ravvicinata
(uno ogni 10 centimetri) sulla larga flangia ricavata nello stampo
dello scafo. Come se ciò non bastasse, la giunzione scafo/coperta
viene tutta "fazzolettata", lavoro che per una imbarcazione
di 40' impegna due artigiani per una intera settimana.
Il teak di coperta, se il cliente lo richiede (legno massello
dello spessore di 12 mm finito), proviene anch'esso dallo stock
messo a stagionare anni prima in una angolo del vasto capannone,
viene tagliato in lunghe doghe, di sezione larga, e posato con
una cura e meticolosità che è difficile da descrivere.
Ogni doga o pezzo di cornice è incollata e non avvitata,
al fine di evitare di forare la coperta, e di non doversi trovare
dopo pochi anni a preoccuparsi dei tappi sopra le viti che "saltano".
I bulbi alari a profilo NACA sono realizzati in fusione di piombo
al 4,5% di antimonio, sono fissati agli scafi tramite i loro prigionieri
annegati, con dadi, controdadi e contropiastre su una struttura
armata in chiglia.
Gli skeg sono strutturali e armati, i timoni hanno anima e losca
in bronzo (solo nel 50 piedi è invece in acciaio AISI 316
L), tutti i passascafi e le prese a mare sono in bronzo marino,
la ferramenta di coperta è perfetta (bisogna vedere le
barche di vent'anni prima i cui pulpiti e candelieri sono tutt'oggi
immacolati e privi di quelle brutte "gore" giallastre,
per apprezzarne in toto la qualità esecutiva e dei materiali),
ogni particolare, anche il più piccolo e apparentemente
insignificante viene discusso tra un componente della famiglia
Zuanelli e l'armatore, fino a trovare una perfetta soluzione.
L'impianto elettrico, con il quadro e tutti i cablaggi (vera nota
dolente della maggior parte delle imbarcazioni moderne) è
progettato e viene controllato dallo studio di Davide Zerbinati,
e questa, soprattutto per i lettori di Bolina, dovrebbe essere
una garanzia che non necessita ulteriori approfondimenti.
Insomma, a poco più di un'ora di macchina dal centro di
Milano esiste un cantiere che non è diverso dal vecchio
sarto di famiglia e che non teme confronti con i forse più
famosi cantieri Nordici. Zuanelli si prende anche carico di effettuare
ristrutturazioni sulle proprie barche che lo necessitino, anzi,
bisogna dire che in famiglia sono ben contenti di potere lavorare
su una barca vecchia di 25 anni o più, perché è
un'ottima occasione per potere verificare in prima persona le
tecniche adottate anni prima nella costruzione, ed eventualmente
apportare le necessarie modifiche (sono bravi, ma neppure loro
sono perfetti!). E' per questa ragione che diversi armatori sono
ben lieti di sopportare le non poche peripezie e ingenti spese
di trasporto dai litorali salati al piazzale di Padenghe, per
trasportare le proprie creature al cantiere d'origine, quando
si renda necessario eseguire un importante lavoro di ristrutturazione.
Tutti i velieri di Zuanelli sono stati concepiti espressamente
per il diporto nautico, nel commissionare i progetti non vi è
stata nessuna mezza misura o assurdo pentimento del genere "voglio
una comoda barca da crociera ma con doti velocistiche da pretendente
al trofeo di Coppa America". Dopo avere rilevato lo stampo
della gloriosa Alpa 34 nel 1977 (disegno Sparkman & Stephens
70 unità varate con la sigla Z34), Pietro Zuanelli decise
che era venuto il momento di contattare lui stesso il glorioso
studio di New York e di commissionare un progetto ad hoc per una
barca di 12 metri.
Fu così che Alan Gilbert, allora capo ingegnere di S&S,
elaborò espressamente per la Zuanelli le linee d'acqua
del Tartan 40 (disegno S&S 2481) e realizzò lo Z40:
opera viva classica, grandi doti marine, appendici aggiornate,
coperta completamente nuova e studiata con la tipica intelligenza
e praticità per cui lo studio si è reso famoso nel
mondo intero, soluzioni interne (ogni allestimento è costruito
secondo le precise esigenze del committente) pratiche ed efficienti.
L'ultima varata di questa più che fortunata serie, la numero
35 (il nome della barca lascia chiaramente intendere quale sia
il suo punto d'arrivo: Taipì
), gode rispetto ai primi
scafi, di notevoli aggiornamenti tecnici, che si riferiscono in
principal modo all'utilizzo della pompa sottovuoto nel realizzare
le parti in vetroresina, dell'uso della resina vinilestere, decisamente
più leggera della poliestere e con maggiori garanzie contro
l'osmosi, di una coperta in sandwitch con "pelle" in
aramat e interno in quadrettato di airex, stessa tecnica utilizzata
per l'opera morta dello scafo.
Tutti questi aggiornamenti hanno permesso un risparmio di quasi
800 Kg. Rispetto al progetto originario, a totale beneficio della
rigidità complessiva e delle caratteristiche marine. Gli
alberi sono, salvo diversamente chiesto dall'armatore, allestiti
appositamente da Cariboni, e anch'essi sembra debbano durare in
eterno. Anche se lo Z40 è certamente la "barca simbolo"
del cantiere Zuanelli, non possiamo non spendere anche qualche
parola per alcuni dei loro modelli meglio riusciti, che non sono
certamente inferiori come qualità, come ad esempio il 30
piedi Fax (il progettista era solito inviare i disegni a mezzo
facsimile, in un'epoca in cui non c'era ancora la posta elettronica,
e quindi parve naturale chiamare Fax il nuovo modello!), disegnato
dal genio sregolato di Alain Jezkel, e l'ammiraglia, una barca
di 50 piedi armata a sloop eseguita su disegno di Roberto Starkel,
il famoso progettista triestino, meticoloso e attento, capace
di fornire disegni esecutivi di dettagli di una precisione imbarazzante,
che per questo veliero ha disegnato linee d'acqua moderne e un
layout di coperta e interni più che classici. Alla realizzazione
delle barche Zuanelli collaborano diverse persone esterne, tra
cui non si può non citare Alessio Liuni, designer romano,
giovane e brillante, forte di un'esperienza insostituibile alle
spalle: è stato allievo di S&S a New York.
|